domenica 1 marzo 2015

60 anglicismi nella stampa italiana, dal 1985 ad oggi

Alcuni eventi recenti (la petizione #dilloinitaliano, promossa da Annamaria Testa, che ha in breve tempo raccolto decine di migliaia di adesioni, e il convegno "La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi", organizzato dall'Accademia della Crusca) hanno riportato all'attenzione di tutti il tema della (eccessiva) diffusione di anglicismi nella nostra lingua. In discussione è in particolare l'opportunità di tutelare l'italiano, semplicemente promuovendo un uso più consapevole degli anglicismi (come auspica il testo della petizione), o, più incisivamente, attraverso l'istituzione di apposite commissioni che vigilino sul dilagare del fenomeno (di questo e di molti altri aspetti parla il prezioso articolo di Luca Serianni sul Corriere della Sera).
Sul banco degli imputati sono in particolare i mezzi di comunicazione, nei quali soprattutto è diffuso l'uso, spesso sciatto o pigro, di parole inglesi al posto di corrispondenti parole, perfettamente esistenti in italiano. O, peggio ancora, l'uso furbetto e consapevole di alcuni giornalisti, che mirano, attraverso l'inglese, ad evocare nei lettori una sorta di immotivato ed anestetizzante prestigio culturale. 
La disponibilità di corpora di giornali italiani consente di monitorare l'evoluzione nella stampa delle parole che importiamo dall'inglese, per comprendere meglio le cause del loro uso così frequente. È quello che ho brevemente cercato di fare, prendendo in esame i seguenti 60 anglicismi di ampia diffusione in italiano:
audience, austerity, authority, background, backstage, badge, band, benefit, box, brand, budget, business, cameraman, card, cash, coach, compilation, convention, copyright, display, editor, escalation, fan, fashion, fitness, flop, gadget, gap, gossip, hot, kit, leader, light, live, look, manager, marketing, network, partner, pullman, sandwich, show, sprint, staff, stand, store, stress, target, team, teenager, test, ticket, tilt, top, trailer, trend, turnover, tutor, welfare, workshop.
I dati che ho utilizzato per analizzare la diffusione dei 60 anglicismi sono:

  • il corpus Repubblica, che include gli articoli pubblicati dal quotidiano nelle 16 annate che vanno dal 1985 al 2000;
  • un corpus di articoli del Corriere della Sera pubblicati nel 2012;
  • un corpus che include gli articoli pubblicati dalle testate online di Il Post, Huffington Post, Il Fatto quotidiano e Il Giornale nel 2013 e nel 2014.

Un arco temporale di 30 anni, dunque, anche se con un buco di 11 anni (dal 2001 al 2011). Ecco, in breve, che cosa è emerso.

Anglicismi in aumento
Per circa i 2/3 degli anglicismi analizzati, nell'ultimo trentennio si osserva un aumento costante nella loro frequenza d'uso. Questo aumento diventa un'impennata nel passaggio dal 2000 al 2012 (vedi il grafico in fig. 1 sulla frequenza di fan); possiamo ipotizzare che l'aumento si sia mantenuto costante anche negli 11 anni non coperti dai dati, e che quindi le frequenze del 2014 siano il risultato di un incremento progressivo e costante nel tempo. 


Fig. 1 : Frequenza di fan nei giornali analizzati (per milione di parole)


Per alcuni anglicismi, tuttavia, l'impennata si registra in particolare nel passaggio dal 2012 al 2013; in questi casi (vedi gli esempi in fig. 2 di trailer, hot e stress) possiamo ipotizzare che la rilevanza dell'incremento sia legata al fatto che le testate analizzate siano online (è questo secondo me il caso di trailer: i quotidiani online rimandano spesso agli anteprima dei film in uscita), oppure ad un generale atteggiamento della stampa nei confronti di alcuni lemmi, associati ad esempio ad una maggiore presa sul pubblico rispetto agli equivalenti italiani.


Fig. 2 : Frequenza di trailer, hot e stress nei giornali analizzati (per milione di parole)

Anglicismi stabili
Ci sono tuttavia casi sporadici di anglicismi rimasti più o meno stabili nelle loro frequenze d'uso nel corso del trentennio analizzato: la fig. 3 mostra l'andamento di ticket, che, se si eccettua il picco del 1989 (anno in cui nel Sistema Sanitario Nazionale fu introdotto, appunto, un ticket sulle prestazioni mediche), non mostra sostanziali incrementi nel corso degli anni.


Fig. 3 : Frequenza di ticket nei giornali analizzati (per milione di parole)

Anglicismi oscillanti
Un piccolo gruppo di anglicismi presenta invece un andamento tendenzialmente oscillante, piuttosto che una tendenza costante all'aumento di frequenza. Si tratta probabilmente di parole legate ad eventi specifici che caratterizzano in misura diversa differenti periodi. È questo ad esempio il caso di convention (vedi fig. 4).


Fig. 4 : Frequenza di convention nei giornali analizzati (per milione di parole)

Anglicismi in calo
Ebbene sì, ci sono anche pochi anglicismi che sembrano essere usati di meno negli ultimi due o tre anni dai giornali italiani. Pullman, ad esempio, è in flessione dal 2000; partner ha iniziato a declinare dal 2012; card (fig. 5) scende vistosamente a partire dal 2013.


Fig. 5 : Frequenza di card nei giornali analizzati (per milione di parole)

Per concludere
La maggior parte dei 60 anglicismi analizzati tende ad essere utilizzata nei quotidiani italiani in misura crescente nel corso degli anni (Michele Cortelazzo ha riscontrato a questo proposito che "tutti i forestierismi hanno dei periodi di latenza di alcuni anni prima di imporsi con forza all’attenzione del parlante non specializzato"). Questo incremento raggiunge in alcuni casi dei veri picchi di frequenza, che si registrano più spesso negli ultimi due o tre anni, oppure in periodi in cui situazioni contingenti portano ad un uso generalizzato di quel lemma, che si impone in modo repentino sugli antagonisti italiani (nel già citato caso di ticket, la scelta era già stata effettuata a monte dai rappresentanti politici che avevano presentato la norma, probabilmente considerando che ticket sarebbe stato meno ostico per i contribuenti rispetto a tassa).
Dall'analisi dei dati si rileva dunque una tendenza generalizzata (anche se con alcune eccezioni) ad un uso crescente nel tempo del campione di anglicismi; occorre ora cercare di quantificare e misurare l'entità di questa tendenza, per indagare le cause che portano un termine inglese ad avere più successo di un altro o ad essere sistematicamente preferito ad un equivalente termine italiano. Il seguito alla prossima puntata.


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