E’ la fine dell’anno: tempo di bilanci e di valutazioni,
anche nelle parole a cui siamo stati esposti nel corso del 2014. Le righe che
seguono non si riferiscono però alle parole che abbiamo amato o odiato di più lo
scorso anno, ma a quelle che sono state effettivamente usate dalla stampa
quotidiana. Per ottenerle, ho prelevato più di 60.000 articoli di giornale
pubblicati quest’anno, e li ho messi a confronto, usando una metodologia
statistica, con circa 180.000 articoli pubblicati dalla stampa nel 2013 e nel
2012.
Il risultato è il contributo lessicale specifico del 2014,
che lo differenzia rispetto ai due anni precedenti. Ecco in breve che cosa è
emerso.
La cronaca
A dispetto dell’idea positivista che ci vuole ormai vittoriosi
sulla natura e sulle malattie, lo scorso anno si è parlato in modo specifico di
Ebola, epidemie, virus e quarantena, di alluvione e di torrenti.
Si è scritto inoltre di un muratore
ritenuto assassino, di un aereo che ha avuto problemi durante un volo, di continui casi di overdose, di (baby) squillo e di
assoluzioni. Sono tutte parole legate a specifici fatti di cronaca che
hanno occupato a lungo le pagine dei giornali, come anche quelle relative
all’evento sportivo dell’anno, i mondiali
di calcio, che hanno fatto scrivere i giornalisti di ct, azzurri, centrocampo, tifosi, maglia, portieri ed ammoniti.
Notizie dal mondo
Le parole che ci hanno narrato i fatti più importanti
accaduti nel mondo ci consegnano l’istantanea di una situazione internazionale spesso
drammatica e pervasa da conflitti; se la parola-chiave delle relazioni
internazionali, oggi come centinaia di anni fa, sembra essere frontiera, queste parole ci raccontano soprattutto
di Isis e Ucraina, Jihadisti, miliziani, raid, sanzioni, cessate il fuoco, combattenti, persone rapite,
annessione, e addirittura di decapitazione e tagliagole (ma anche, per fortuna, di ostaggi liberati e di tregua).
La politica italiana
Matteo Renzi (in
tutte le sue manifestazioni: i renziani,
il renzismo, Renzie, i gufi, la palude, gli scout, l’annuncite e le slide) è il politico più citato nel
2014 nel confronto con i due anni precedenti. I temi di cui si è parlato in
particolare quest’anno sono le immancabili riforme,
le preferenze, la soglia di sbarramento, la minoranza (non quella opposta alla
maggioranza di governo: la minoranza PD
o Dem), la spending review, il bonus
(di 80 euro), la busta paga, il rimpasto, gli appalti, gli euroscettici,
le coperture, i tagli, le tutele e le partecipate. Le ministre sono un’altra specificità lessicale di quest’anno, insieme
alle due inquietanti locuzioni svolta/deriva
autoritaria. I politici nominati di meno nel 2014 rispetto ai due anni
precedenti sono invece Monti, Bersani, Letta, Ingroia, Bossi, Cancellieri e Berlusconi.
Patto è a mio
giudizio la parola-simbolo del lessico usato dai giornali in ambito politico: a parte la recente versione di quello del Nazareno, parlando di patto i giornalisti sembrano dare il
meglio di sé nello scovarne infinite e sottilissime variazioni: alla tedesca, della staffetta, di bilancio,
di coalizione, di collaborazione, di
consultazione, di desistenza, di governo, di fiducia, di lealtà, di legislatura, di non belligeranza o di
stabilità. Un patto può essere bipartisan, civico, costituente, d’acciaio, d’onore, generazionale e per le riforme; ma anche segreto, sotterraneo, tacito, e
addirittura scellerato.
Parole quotidiane
I giornali nel 2014 sono anche caratterizzati dall’uso di molti
termini della vita quotidiana. Alcuni appartengono al dominio della tecnologia,
dove spiccano il pluripremiato selfie,
Whatsapp, hashtag e tweet. Altri provengono dal campo delle scienze,
come dna, usato in campo medico e
giudiziario, ma anche nella frequentissima locuzione è nel suo dna (detto spesso di squadre di calcio che “nel proprio
dna” hanno la vittoria). L’anno che si sta chiudendo è inoltre caratterizzato
dai divorziati e dagli ex (ex
leader, magistrato, alleato, ministro, parlamentare, partito, amministratore, oltre che ex partner,
coniuge, marito/moglie, amico), a testimonianza del fatto che le persone di
cui si parla sui giornali sono spesso le stesse, anche se ricoprono nel tempo
ruoli diversi. Un’altra categoria protagonista del 2014 sono i genitori: nei giornali sono crudeli, spaventosi, illusi, iperprotettivi, divorziati, separati, insopportabili, e solo a volte amorevoli. I genitori abbandonano, invecchiano, e sono talvolta associati ad un’azione con cui non
dovrebbero mai avere a che fare, né come soggetti né come oggetti: massacrare.
Ciò che in definitiva colpisce, analizzando le parole-chiave
del 2014, è l’assenza quasi totale di leggerezza e di speranza; si sa che i
giornali scrivono soprattutto di notizie cattive e che il buono e il bello
trovano poco spazio sulla stampa, ma l’anno che sta terminando sembra
caratterizzato da un’atmosfera cupa, senza spiragli. Le parole che lo
descrivono ci consegnano insomma l’immagine di un anno vissuto con difficoltà: proporrei
quindi come parola giornalistica dell’anno stress,
che nel 2014 è stress economico, finanziario, emotivo, da lavoro, fisico, psicologico; in breve, quest’anno lo stress è stato il nostro pane quotidiano.
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